Sfondi e fotoscioppate nella fotografia naturalistica: una domanda, due risposte.
Mi è capitato di nuovo: “ma questo sfondo è così o l’hai aggiunto con Photoshop?” Non importa chi abbia posto la domanda, almeno per me… in questi casi, prima di rispondere, provo in rapida sequenza le principali tecniche ZEN di rilassamento (mai riuscite, in verità). Poi mi rendo conto che alla base della domanda, e alla base del sorrisetto sornione che la accompagna, ci sono due questioni fondamentali sul tema sfondi e fotoscioppate nella fotografia naturalistica:
1) c’è chi fa così (per chi fosse interessato: Photoshop – Selezione – Soggetto (oppure Area di interesse) – Inverti selezione e poi spazio alla fantasia… per gli utenti evoluti: filtri, maschere, ecc…
2) c’è chi ignora le basi della PDC di una foto (Profondità di Campo – per i non addetti ai lavori).
Parto dalla questione numero 2.
Premesso che non amo particolarmente gli sfondi completamente lisci, anche a me recentemente è capitato di averne in molti scatti perché ho fotografato in una location in cui le felci e la vegetazione sono a oltre cinquanta metri dai posatoi. In ogni caso, si chiama Profondità di Campo: più la focale è lunga, più il diaframma è aperto (ma se la focale è lunghissima incide meno), più il soggetto è vicino ( più lo sfondo è lontano)… più la parte a fuoco della foto è ridotta al minimo. Mi rendo conto sia una spiegazione pedestre, ma ci sono tante risorse on-line, con tanto di simulatore del calcolo della PDC (DOF – Deep of Field) – basta googolare “calcolo profondità di campo” per fare qualche test… i parametri sono proprio quelli: focale, diaframma, distanza del soggetto.
All’atto pratico a questi tre (focale, diaframma, distanza soggetto) va aggiunta la distanza dello sfondo, che incide sulla “omogeneità” finale – più è lontano ciò che sta “dietro” il soggetto, più – a parità degli altri parametri – lo sfondo sarà “liscio”.
Ovviamente tutto ciò incide sullo sfocato, non sul colore… ecco perché quando studio un posto dove intendo fotografare guardo sempre cosa avrei nello sfondo. Cosa va evitato come la peste? Gli sfondi verdi e/o in ombra… a meno di non cercare effetti particolari…
La questione numero 1 (non a caso)
L’apparenza inganna… consentitemi il gioco di parole! Lo strumento di Photoshop consente con un semplice click di isolare con una maschera il soggetto della foto. C’è anche uno strumento più avanzato, nel menu Selezione -> Area di interesse. Tuttavia, in questo esempio il gioco è facile perché lo sfondo è già sfuocato nel RAW di partenza; quindi l’algoritmo di PS trova subito i “contorni” della parte a fuoco per capire quale sia il soggetto da isolare. Le cose cambiano se invece, nello scatto, lo sfondo è meno sfuocato o non lo è per niente.
In ogni caso, effettivamente, se avessi scattato questa foto di cinciallegra (nella galleria delle foto di cinciallegra insieme alle altre) su un banale sfondo verde, avrei potuto (anche con altri metodi di sostituzione colore più evoluti o peggio con un bel filtro, in verità) cambiare lo sfondo della foto e passare dal verde Shrek (che non sarebbe manco male, e meno orrendo di un verde bottiglia di sicuro) all’arancio finto tramonto che piace a tutti… me compreso, si intende!
Il punto però è un altro: intanto, per quanto si possa lavorare di fino con maschere di livello e pennelli sfumati, questi pasticci dell’era fotoscioppo-fotoscippo, in una versione ad alta risoluzione, vengono prima o poi fuori. Certo se devi fare followers, va benissimo anche così… Ma mi chiedo: quanto tempo sprecato… perché mettersi a cambiare uno sfondo di una foto quando puoi scattarla già con lo sfondo che ti/ci/mi/vi piace?
E poi, il punto cardine: perché? perché chiamarla fotografia? perché mentire? solo per l’effetto wow o per qualche like in più? Sfondi finti e fotoscioppate nella fotografia naturalistica sono davvero un malcostume odioso e fuorviante!
E allora, fotografie o fotoscioppate?
Che poi l’effetto wow non è mica roba da deprecare? E neanche i likes, si intende. Allora la sfida va spostata su un altro piano: ottenere nel RAW ciò che si vuole ottenere nella foto. Il che si traduce così: studiare il set e trovare in natura quello che si ha in mente di fotografare! Certo se devo fotografare il mio pupazzo di peluche lo posso portare dove voglio, posizionarlo, aspettare la luce migliore, e via! Se invece voglio fotografare un animale in libertà? devo studiare (molto) prima di andare a scattare; immaginare (molto) e cercare di prevedere e aspettare (molto o poco, questione di fortuna). Si chiama fotografia naturalistica e non è fatta per chi ha fretta: in un altro articolo ne ho dette di peggiori su chi siano davvero quelli fatti per questo genere – se vi va, lo trovate qui.
Certo, mi rendo conto: più “facile” lo strumento di Photoshop. Ma non chiamatela fotografia naturalistica.