un’ora fortunata di pomeriggio fortunato, con un Whimbrel
Dopo quattro mesi
C’era una cartella di foto nel mio archivio che aspettava da quattro mesi che io le dedicassi un po’ di tempo. Non so se capiti solo a me, ma a me capita praticamente ogni volta. Chi mi conosce bene sa che potrei rinunciare alla fotografia ma non alla natura, alle mie camminate ad esplorare, ai miei boschi, al contatto con i selvatici. Un contatto che non è sempre diretto e neanche sempre necessariamente visivo, ma che può dare un pezzetto di senso al nostro esistere nel groviglio della vita sulla Terra.
Anche per questo, probabilmente, non potrei smettere di fotografare, o almeno di provarci, perché l’opportunità di fermare un attimo di quel groviglio biologico in uno scatto è la molla che mi spinge a cercare il contatto ravvicinato. Avvicinarsi significa respirare la stessa aria, sentire gli stessi odori, percepire gli stessi movimenti, fondersi nello stesso spazio-tempo dell’altro. Nel fotografare gli uccelli acquatici il contatto è magico: sarà per il fatto di essere distesi a terra, o per l’odore del fango, o per la percezione amplificata dei movimenti, degli schizzi, dei canti, del frullare delle ali. Almeno finché, nello specchio d’acqua, ci siano uccelli, il che non è affatto cosa garantita.
Fotografare i limicoli
La maggior parte dei limicoli è, alle mie latitudini, di passo. Avere la fortuna di osservarli è spesso già tanto. Poi però capita la giornata fortunata, quella in cui un animale che hai sperato di avvicinare è lì a due passi davvero, e rimane con te tranquillo per un po’, si fa osservare e fotografare. Se poi quell’animale è un chiurlo, la giornata non è solo fortunata ma di più. Non poche volte mi è capitato che un Chiurlo piccolo sia sceso per un bagno o per una sosta durante la migrazione. Spesso tuttavia era lontano, sospettoso, timido ed elusivo come solo i chiurli sanno essere. Basta un movimento troppo veloce, un rumorino sospetto e lui si abbassa, fischia il suo richiamo, spinge sulle ali e ciao… Altre volte si involano semplicemente perché sentono altri chiurli passare e si aggregano al gruppo, anche perché il viaggio da qui è ancora lungo.
Poi c’è il pomeriggio epico, cominciato storto, anzi peggio, con nuvole e pioggerellina, anche se a mare si vede che potrebbe migliorare. E infatti poi migliora, giusto perché l’epos si compia. Lo sento cantare alto, poi appare improvvisamente sulla superficie dell’acqua, anche se lontano. Il bagno è il suo primo pensiero. Il mio è che si avvicini, che le nuvole si diradino, che lui non si involi subito – sono tre pensieri, lo so, ma credo di averli pensati simultaneamente. Non potevo in quel momento sapere che sarebbe rimasto con me quasi un’ora, che si sarebbe avvicinato, che tra le nuvole si sarebbe affacciato un timido sole velato, donandomi una luce morbida che adoro.
Un’ora col Chiurlo piccolo
Il Chiurlo piccolo (Numenius phaeopus) è uno scolopacide che non supera i 45 cm di lunghezza, incluso il becco di circa 7-9 cm. È ovviamente più piccolo del Chiurlo maggiore, almeno 10-12 cm più lungo. Le ali aperte del Chiurlo piccolo possono superare gli 80 cm. Le sue misure sono decisamente “sostanziose” e in questi casi sbagliare focale può significare tagliare parecchi scatti, lo so per esperienza diretta… e poiché a me non piace croppare, mentre lui timidamente si avvicina penso a quale focale utilizzerò. Per un’ora ho respirato piano, mi sono mosso al rallentatore, ho scattato in totale silenzioso (quanto adoro le mirrorless).
Ma questo pomeriggio epico risale al mese di aprile 2024. Sono tornato alla cartella degli scatti solo dopo quattro mesi. E non che non ci avessi provato a mettere ordine in quelle foto e scegliere quelle che avrei post-prodotto. Ma quello che mi capita ogni volta che ho tante foto di un soggetto a cui tengo particolarmente è che “non mi sento ancora pronto” a scegliere, a capire la luce, a cercare la quadra per lavorare quegli scatti.
Scattare sul posto, cogliere il momento, tenere il fuoco, gestire la composizione, seguire i movimenti, non spaventare il soggetto, usare la combinazione tempo-diaframma-iso ottimale, non sono scelte meno complicate e vanno prese in brevi istanti, non c’è troppo tempo per pensare tra una raffica e l’altra. E forse per questo in quei momenti non sento il peso delle scelte che compirò. Quando invece torno a casa e faccio la prima selezione, conservo tutti gli scatti che mi sembrano possano diventare foto e che non meritano il cestino. Anche questa selezione la faccio subito, senza troppi ripensamenti.
Quattro mesi dopo
Il difficile viene quando poi, tra gli scatti superstiti (in genere già una piccola percentuale), devo scegliere quelli che lavorerò. Forse l’imbarazzo nasce dalla consapevolezza che è una scelta definitiva, o forse dal timore che tutti gli scatti mi sembreranno delle foto mediocri?
I pomeriggi epici sono eccezioni, i chiurli piccoli non si mettono in posa per te normalmente. E forse mai più tornerò a casa con più di un migliaio di scatti di Chiurlo piccolo. E forse mai più mi troverò in una cartella del mio archivio, di un solo pomeriggio, 59 foto lavorate dello stesso soggetto. Le foto sono nella pagina del mio sito relativa al Chiurlo piccolo. Forse ho davvero esagerato, almeno una decina in meno, forse anche venti in meno sarebbero bastate!
Mi valga solo questa riflessione a parziale scusante. Facciamo parte anche noi del groviglio di spazio-tempo-materia che chiamiamo vita. Vivere due volte è impossibile, puoi farlo una volta sola, e questo è un buon motivo per cercare di farlo al meglio. Ma con le emozioni è diverso. Quelle possiamo riviverle ogni volta che vogliamo, purché ce ne ricordiamo. Certo sarebbe bastato anche un solo scatto a tenere viva l’emozione di un pomeriggio così. Ma degli altri 58, quale potrei non aver tenuto se per un attimo vi ho trovato la bellezza di quel momento?