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Tra storia naturale e storia umana: un libro necessario

I dieci uccelli che hanno cambiato il mondo” di Stephen Moss

“I dieci uccelli che hanno cambiato il mondo” di Stephen Moss, pubblicato in Italia da Aboca nel 2023 con la splendida traduzione di Marta Lanfranco, non è (o non è solo) un libro per ornitologi e studiosi di scienze ambientali. Nonostante il taglio scientifico e storiografico è una narrazione avvincente e coinvolgente che nasce da uno sguardo lungo e profondo sulla storia dell’umanità attraverso gli esseri normalmente considerati più inutili, gli uccelli.

Dieci specie, dieci capitoli

Gli uccelli, però, nei dieci capitoli di cui si compone il libro, si prendono qualche rivincita e, nelle diverse storie raccontate, puntano il dito sulle ipocrisie, le fragilità e le contraddizioni degli uomini. Alcune di queste storie, con la loro lucida veridicità sono emblematiche. Penso alla Falcon Destruction Unit dei servizi segreti inglesi durante il secondo conflitto mondiale. Avrebbe dovuto salvare i piccioni addetti allo spionaggio sbarazzandosi dei falchi pellegrini, ma di fatto favorì solo i piccioni-spia dei nazisti – sic! Penso al passero mattugio, finito nei quattro flagelli da estirpare secondo Mao Zedong, portato quasi all’estinzione per dare al popolo più grano. Senza i passeri invece nel 1959 i raccolti furono più magri, e la Cina conobbe la peggiore carestia della sua storia. Infatti quegli uccelli in primavera da granivori diventano “insetticidi” naturali e benefici per le colture. Non riesco a non pensare alle aigrette strappate dai bracconieri dal dorso delle garzette ancora vive nei loro stessi nidi, per poi lasciarle morire assieme ai loro pulcini. Quelle penne sarebbero state vendute per decorare i cappelli delle signore dell’alta società, almeno da quando Mariantonietta, la regina di Francia, ne aveva inaugurato la moda. Ai gabbiani tridattili invece altri bracconieri tagliavano le ali per prenderne le penne e li gettavano ancora vivi in mare, dove morivano dimenandosi miseramente.

copertina di "I dieci uccelli che hanno cambiato il mondo" di Stephen Moss

Di capitolo in capitolo si percepisce l’ampiezza e la profondità del lavoro di ricerca e di sintesi nella scelta delle dieci specie. Moss riesce a ridare voce persino al dodo, il simbolo delle estinzioni causate dall’uomo. È un libro che andrebbe letto e studiato anche da chi non è appassionato di ornitologia. Perché il mondo è cambiato per tanti aspetti, e quelle dieci specie hanno dato il loro contributo, pur se inconsapevolmente. Ma quelli veramente inconsapevoli siamo sempre noi. Anche per quella “stanchezza da apocalisse” che Moss mutua dalla letteratura scientifica, <<la sensazione cioè che qualsiasi cosa facciamo […] non basti a invertire la crisi climatica>>. La crisi climatica è in atto, ci siamo dentro, ma non la percepiamo. Perché nelle zone temperate gli effetti sono meno evidenti, spiega Moss. La crisi climatica è invece prepotentemente chiara all’aumentare della latitudine (oltre i circoli polari) e dell’altitudine. Si tratta di zone scarsamente antropizzate, e quindi gli effetti di ciò che accade al clima rimangono (ancora) una questione di scienziati, studiosi e specialisti. E i negazionismi trovano terreno fertile per autoalimentarsi.

Le questioni che il libro di Moss solleva sono quelle che oggi dovrebbero preoccuparci di più, e invece noi preferiamo assumere due atteggiamenti che in qualche modo aiutano a eludere il problema. Il primo atteggiamento, quello più cinico e disinvolto, considera il rischio dell’estinzione di molte specie di uccelli (e non solo) un effetto collaterale dello sviluppo economico, un prezzo da pagare – scomodo ma inevitabile. Questo orizzonte mentale non è cosa nuova per i sapiens, che hanno da sempre sacrificato la natura sull’altare del profitto, quel sacro profitto che rende i popoli felici e consente di comprare il nuovo smartphone o il nuovo oggetto griffato. Ma il secondo atteggiamento non è meno pericoloso. È il punto di vista di chi pensa di poter risolvere tamponando, concentrandosi soprattutto sui problemi estemporanei e risolvibili: una specie da salvare, un habitat da proteggere, un uccellino da togliere dalle grinfie del gatto – tutte iniziative lodevoli e importantissime, ben inteso. Il pericolo sta nel preferire la logica dell’intervento salvifico in situazioni di emergenza circoscritta su cui si può incidere pur di non affrontare il disastro su larga scala, per il quale serve un cambiamento ben più radicale, un’azione pianificata, un cambio di passo e di prospettiva.

Non solo domande

Quali scelte farà l’umanità nei prossimi anni? Abbiamo già superato il punto di non ritorno? Il libro di Moss non risponde esplicitamente a queste domande che invece preferisce suggerire e alimentare; fornisce piuttosto dati, numeri, storie, prospettive per inchiodarci alle nostre responsabilità di esseri umani. Non è solo un libro, ma una lezione di storia naturale e di storia umana su cui tutti, nessuno escluso, oggi dovrebbe seriamente riflettere.

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